söndag, 3 mars
[Puntello] ASSEMBLEA NAZIONALE DEI MOVIMENTI PER IL DIRITTO ALL’ABITARE - giorno 2
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DOMENICA 3 MARZO @ COA T28 –VIA DEI TRANSITI 28
* H 10.30 -12.30: RIUNIONE DI REDAZIONE DEL BOLLETTINO delle LOTTE ABITATIVE
"Case in rivolta"
Per agevolare la partecipazione di tutti e tutte attrezzeremo anche uno spazio
giochi per bambini/e!
info e contatti: coa.transiti@inventati.org [COA.TRANSITI@INVENTATI.ORG]
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MILANO 2-3 MARZO 2024
ASSEMBLEA NAZIONALE DEI MOVIMENTI PER IL DIRITTO ALL’ABITARE
La fase economica, sociale e politica che stiamo vivendo racchiude in sé tutte
le contraddizioni che il sistema capitalistico porta in seno. La crisi del
sistema economico occidentale si è aggravata con l’ennesima escalation militare
sponsorizzata dalla NATO e dai governi del blocco “occidentale”, prima in
Ucraina e oggi anche in Medioriente, dove si sta quotidianamente consumando il
genocidio ai danni del popolo palestinese. Sotto i colpi del carovita in questi
anni abbiamo assistito ad un impoverimento costante della popolazione. Al
contempo, in ogni angolo del Paese si sono attivati processi di gentrificazione
e turistificazione che vedono l’aumento esponenziale di affitti e mutui, con il
conseguente allontanamento dei ceti popolari dai loro quartieri di origine,
spinti dalla violenza centrifuga del capitale verso la periferia delle
periferie.
La protesta dell’autunno scorso da parte delle studentesse e degli studenti in
tenda davanti alle facoltà universitarie di tutta Italia ha contribuito a
rendere evidente una volta di più quello che i comitati di lotta per il diritto
all’abitare stanno denunciando da decenni. La mano libera del mercato sulla
questione abitativa ha reso di fatto strutturale ed estesa a fasce sociali e
generazionali sempre più ampie la crisi abitativa che ormai sempre più
impropriamente viene definita “emergenza”.
L’aumento a livello nazionale degli sfratti di circa il 200 percento rispetto al
2021, il costante aumento degli sfratti per finita locazione causata dalla
continua sottrazione di alloggi a chi abita le città per destinarli ai turisti,
l’aumento dei prezzi indipendentemente dalla domanda, l’attenzione ossessiva
alle grandi opere (spesso invise ai territori) anziché alle esigenze quotidiane
(dalla manutenzione del patrimonio residenziale al trasporto pubblico) sono
tutte conseguenze perverse dei processi di profitto e di mercificazione della
casa, che mietono ogni giorno nuove vittime.
D’altro canto è impossibile trovare risposte adeguate a questi problemi nella
compatibilità con politiche neoliberiste che tagliano sempre più con l’accetta
qualsiasi strumento di welfare (dal contributo affitti al Reddito di
Cittadinanza), che privatizzano e finanziarizzano con sempre più irruenza beni e
asset pubblici (come dimostrano plasticamente i casi del servizio sanitario
nazionale, delle case popolari e dal patrimonio pubblico in generale), e che
traggono profitto dalla gestione delle emergenze e dalla devastazione bellica.
A fronte di un quadro così desolante, una parte di popolazione colpita dalla
crisi economico-finanziaria ha trovato nelle pratiche collettive dei movimenti
per il diritto alla casa un’alternativa concreta all’isolamento e alla guerra
tra poveri su cui soffiano i partiti razzisti e xenofobi. L’ascolto e
l’organizzazione tramite gli sportelli, la rivendicazione della pratica delle
occupazioni delle case sfitte e degli edifici vuoti e inutilizzati dalla
rendita, la battaglia per l’assegnazione delle case popolari così come il blocco
di sfratti, sgomberi e pignoramenti tramite picchetti, presidi e cortei sono da
sempre il baricentro dei movimenti per il diritto all’abitare in tutti i
territori. Affermare la centralità dei bisogni sociali significa dunque indicare
una prospettiva di trasformazione fondata sull’uguaglianza e non sull’incremento
delle disparità e della precarietà abitativa.
È proprio per far fronte a queste pratiche e prospettive di riscatto sociale che
tutti i governi negli ultimi anni hanno costantemente inasprito meccanismi di
repressione e deterrenza contro le lotte: dal piano casa del governo Renzi-Lupi
del 2014, ai decreti sicurezza del 2018, all’attuale governo Meloni che punta a
inasprire all’inverosimile le pene per chi occupa e ad eseguire da Nord a Sud
sgomberi-lampo ad ogni tentativo di occupazione collettiva di immobili a scopo
sociale o abitativo.
Ancora, il recente uso della precettazione per impedire gli scioperi, la
preclusione delle piazze ai cortei in solidarietà col popolo palestinese il 27
gennaio scorso, i processi nelle scuole agli studenti che hanno occupato.
Elencare tutti i provvedimenti legislativi (oltre che giudiziari nei confronti
di decine di compagne e compagni con l’applicazione a tappeto del reato di
associazione a delinquere) espressi contro i movimenti di lotta (per la casa ma
non solo) è davvero cosa lunga e forse anche secondaria, se non se ne riesce a
coglierne il disegno complessivo e soprattutto a trovare un terreno comune su
cui batterli. Sul fronte abitativo, queste risposte repressive sono l’altra
faccia della medaglia rispetto al totale disinvestimento di questo governo in
materia di politiche abitative (zero euro stanziato da qui alla fine del 2026,
100 milioni per il biennio 2027-8) e del fatto che il Ministro delle
Infrastrutture Salvini sta discutendo il Piano Casa solo ed esclusivamente con
gli attori della rendita e del settore immobiliare per preparare il terreno ad
ulteriori privatizzazioni, deregolamentazioni del mercato e persino condoni!
Senza quindi sottovalutare la portata repressiva dei provvedimenti che vengono
agiti contro le lotte, è necessario capirne la ratio per opporsi in modo
efficace e contundente alla generale intimidazione preventiva delle lotte
sociali che viene portata avanti con l’intento di frenarle o, ancor peggio, far
cadere i movimenti nella trappola “dell’impossibilità” di organizzarsi e agire.
Ciò in ultima istanza ci riporta alla questione delle pratiche e della necessità
di un’articolazione nazionale che possa appoggiare e dare forza a momenti di
azione diretta e riappropriazione dal basso.
Questi i temi sui quali ci confronteremo nella giornata del 2 marzo a Milano,
con l’obiettivo di trovare un
terreno comune per il rilancio delle lotte sociali. Senza casa non c’è infatti
diritto alla salute, all’istruzione e tantomeno accesso a reddito e lavoro
dignitosi. Mettere al centro i bisogni reali delle persone significa opporsi
alla devastazione dei territori, alle grandi opere inutili come il TAV in Val di
Susa, il ponte sullo Stretto, le Olimpiadi Milano-Cortina in Lombardia e Veneto,
ai grandi eventi come il prossimo Giubileo a Roma che portano solo rendita e
profitti per pochi e poche ed espulsione per molti/e. Significa prendersi cura
dei quartieri, dei paesi, delle città in cui viviamo, opponendoci alla svendita
del patrimonio pubblico e alle espulsioni determinate dalla gentrificazione e
dalla ossessione per le grandi opere e i grandi eventi. Dare valore alle
relazioni tra abitanti e organizzarsi con le proprie comunità territoriali
contro la violenza dei padroni del mattone. Significa investire in politiche
pubbliche di welfare e in diritti sociali strappati dal basso, a spinta.
Significa smettere di investire soldi pubblici per foraggiare l’escalation
bellica, facendone ricadere le conseguenze in primis sui popoli che le subiscono
e poi sui ceti proletari e le soggettività che non aderiscono al modello
dominante di casa, famiglia, profitto.
Costruire l’alternativa, rileggendo la questione della repressione in chiave di
contrattacco significa ragionare delle pratiche di conflitto e trovare gli
strumenti adatti per raccontarle ribaltando la narrazione mediatica mainstream.
La lotta per il diritto all’abitare è oggi più che mai una lotta per cambiare il
modello economico della società in cui viviamo; è lotta di classe intesa come
possibilità di riscatto collettivo contro lo stesso sistema capitalista che
produce miseria e sfruttamento. Al di là delle battaglie contingenti, come
compagne e compagni riteniamo che la sfida di questa lotta non si può risolvere
in un solo territorio. Per poter incidere in modo efficace sul piano dei
rapporti di forza, deve essere affrontata unendo le forze e le esperienze che
attraversano i diversi movimenti. Una battaglia lunga, ancora tutta da
combattere, ci attende.